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Dove luce e laguna si incontrano
nasce l’arte di Maurizio Rossi, fotografo che nel panorama veneziano e internazionale si distingue, in particolare nelle opere in bianco e nero, per il suo occhio unico e sensibile.
Gli scatti che realizza sorprendono per l’originalità della visione: i soggetti ritratti per dare maggiore enfasi vengono infatti spesso colti da angolazioni particolari, dal basso verso l’alto, con tagli laterali o tramite l’uso del grandangolo. È un fotografo che inoltre si esprime mettendo in scena attenti giochi geometrici e di luce per dare risalto agli elementi descritti, che coglie con grande respiro, senso di ampiezza e spazialità.
Nato nell’isola di Burano, imprescindibile è il suo legame con la laguna: così profondo, quasi viscerale. Particolarmente suggestive sono le opere in cui ritrae attimi di vita lagunare. Nei suoi scatti non manca di documentare con occhio fotografico d’eccezione gli antichi mestieri. Uno su tutti quello della pesca, in cui ritrae all’opera il padre, soprannominato Bepi Suste. Da qui infatti è partita la sua ricerca con lo scopo di svelare al mondo i segreti della pesca e di altre attività manuali che vanno man mano scomparendo, per poi arrivare a raccontare anche l’armonia dello sport della voga, in cui coglie la verve di questa tradizionale arte del remo, da lui amata e praticata a livello agonistico.
Le sue sono fotografie in cui mostra quanto l’uomo possa entrare in simbiosi con la natura e vivere dei suoi ritmi. È in queste opere pertanto che si comprende quanto la vita della laguna si accompagni a quella dell’uomo e del suo lavoro.
Intensi sono gli scatti in cui Rossi coglie in primo piano la figura del padre che, immerso per metà nell’acqua, incarna il senso della fatica e della forza nell’affrontare un lavoro difficile ma che poi regala grandi soddisfazioni. L’uomo si specchia nell’acqua, dove ipnotica è l’immagine dei cerchi concentrici che si espandono e al centro dei quali spicca la sua figura. È lui in quel momento, il padre pescatore, a dominare il centro della scena, esempio di potenza e carisma.
Di grande realismo sono poi alcune fotografie in cui Rossi si concentra nello zoomare le mani che escono dall’acqua, mentre in altre con un’inquadratura ravvicinata dello stesso soggetto travalica anche i rapporti delle proporzioni proprio per mettere in risalto la fatica di un lavoro che sfida il freddo e le intemperie. Sono mani rugose che, con la pelle raggrinzita di chi ha passato tante ore a mollo, stanche ma forti allo stesso tempo, esibiscono con orgoglio il salato bottino del giorno: la fatica è stata tanta, ma il risultato è appagante. Questo è il focus su cui si concentra l’artista per trasmettere e testimoniare la difficoltà del duro lavoro, ma soprattutto per documentarne gli attimi e le fasi, perché pochi sono coloro che conservano e custodiscono ancora le antiche conoscenze manuali.
Le sue opere però non sono solo cantrici di antiche tradizioni. Con le sue fotografie Maurizio Rossi esprime anche il suo talento nella ritrattistica, come nell’opera in cui il padre è intento a districare e sistemare una rete da pesca. La sua figura emerge in modo sublime da uno sfondo nero che accentua il contrasto luministico, caratterizzando così l’opera con un forte impatto scenico. Osservando la fotografia sembra di trovarsi all’interno di uno spazio teatrale e il pensiero corre subito alle scene goldoniane delle “Baruffe Chiozzotte”, anche se sappiamo bene che qui il soggetto è un buranello vero.
Rossi presenta anche opere in cui non si coglie più la linea che separa il cielo dalla laguna dove le nuvole, specchiandosi sulle acque silenziose, si intrecciano con il loro riflesso in un contesto che diventa quasi surreale, ai limiti tra verità e finzione: solo la “seraggia” colta al centro della scena riporta alla realtà. Sono opere silenziose ma che, al tempo stesso, parlano.
La produzione di Rossi è anche un susseguirsi di contrasti chiaroscurali, in cui viene posta grande attenzione alla modulazione e alla resa luministica, compresi i giochi in controluce. Ne è esempio lo scatto in cui le mani prendono vita giocando con dei fasci luminosi, facendoci percepire la potenza di un’immagine. Infine, colpisce la fotografia in cui l’artista ritrae un’insegnante di yoga che, esibendosi in Piazza San Marco, si specchia in una pozzanghera. L’opera dal timbro onirico è resa ancora più affascinante dal fatto che l’artista decide di confondere ulteriormente i piani, rovesciando l’immagine, invertendo il sopra con il sotto, creando così un ulteriore doppio ribaltamento. Un modo questo per esprimere l’anima nascosta di Venezia: la città infatti non è solo apparenza ma soprattutto scoperta e sentimento. Una fotografia, quest’ultima, che dunque diventa un invito rivolto all’osservatore a guardare in modo non superficiale ma con l’anima.
Francesca Catalano
Critica d’arte
Interviste
Valesana
riprese: Maurizio Rossi
Intervista
servizio di: Sabrina Zuccato
editore: Venezia Today